martedì 2 maggio 2017

RECENSIONE | "Arma Infero - I cieli di Muareb" di Fabio Carta

Ciao bellini! Bentornati sul blog per una nuova recensione: questa volta torniamo tra le parole di Fabio Carta, già conosciuto grazie a Il Mastro di Forgia, primo capitolo della serie Arma Infero, di cui qui trovate la recensione. Oggi voglio parlarvi del secondo capitolo della serie: I cieli di Muareb, della Inspired Digital Publishing nel 2016.


Arma Infero - I cieli di Muareb
di Fabio Carta
Ed: Inspired Digital Publishing
Ebook: 1.99 euro

Lakon e Karan sono divisi. Karan, con l’amata Luthien, si trova a sud nell’esotica e rigogliosa Gargan mentre Il Mastro di Forgia prosegue la sua ricerca nelle remote lande boreali. Pur così lontani i nostri protagonisti vedranno intrecciarsi nuovamente le loro storie, sullo sfondo di una guerra civile dove la furia cieca dell’uomo scatena il potere di nuove e terribili armi. Contro questa barbarie la cavalleria coloniale è costretta ad evolversi, crescendo e diventando qualcosa di diverso e migliore. Tra intrighi e lotte interne, solo grazie a Lakon e alla sua arcana sapienza la Falange potrà trovare la forza di levarsi sopra le bassezze e i tradimenti del nemico. Su in alto, fino a solcare i cieli di Muareb.
Molto bello!

I cieli di Muareb è un volume che deve per forza essere letto dopo il primo: non può stare da solo, dal momento che riprende la narrazione nel momento esatto in cui è stata interrotta alla fine di Il Mastro di Forgia. So che a molti questa tecnica crea fastidi: non capisco perché, una saga va sempre presa nella sua interezza e Arma Infero non fa eccezione. In più, avendo letto il primo volume da poco, sono stata contenta di trovare pochi riassunti della puntata precedente: se c'è una cosa che mi infastidisce è proprio quella, sono cose che so già e voglio andare avanti, non serve un recap se si conosce il primo libro.

Se vi ricordate, una cosa che avevo ampiamente criticato (forse troppo, mea culpa) del primo libro è il linguaggio, lo stile utilizzato: non sto a dilungarmi di nuovo, vi rimando di nuovo alla recensione di Il Mastro di Forgia. In questo secondo volume della serie, Carta cambia registro: approdiamo qui ad un linguaggio più "rilassato", se mi passate il termine, meno aulico e meno pomposo, molto meno pretenzioso. Spulciando in rete qua e là, ho notato che erano stati in molti a muovere questa critica a Carta: non so se questo cambio di stile sia voluto o se sia derivato da una presa di coscienza di quanto hanno detto i lettori; in entrambi i casi non posso che fargli i complimenti perché cambiare stile è difficile, è come cambiare accento: non è un cambiamento da poco, né è alla portata di tutti e Carta è stato in grado di farlo. Non posso che alzare un calice e stringerli la mano.

Anche qui le tematiche sono abbastanza profonde: su tutto si stende un velo di pessimismo distopico, ma Carta per tutto il volume pone interrogativi e temi che vanno dalla scienza alla fede, dal sociale al personale. L'unico appunto che posso fare, ed è il motivo per cui non posso dare al libro un punteggio pieno, è che queste dovrebbero essere riflessioni a cui dare un certo spazio, mentre Carta le rende dei trattati troppo lunghi per essere fruibili.

A differenza del primo volume, dove azione e descrizione si alternavano come in un'altalena, qui l'azione vera e propria è concentrata in un unico, macroepisodio: la battaglia di Azin, uno scontro molto ritmato, ben giocato se così si può dire, dal momento che tiene ancorati alla lettura fino alla fine, letteralmente con il fiato sospeso. Un'ottima scena, ben fatta, pen pensata e ben scritta, in cui Carta dimostra tutto il suo potenziale.

Un taglio in più dato al romanzo, sempre rispetto al primo (ma i paragoni sono inevitabili), è quello più propriamente "familiare": ci troviamo davanti a scene molto meno epiche (o che vogliono esserlo) ma molto più vicine ai lettori. Vita di coppia, matrimonio, vizi personali dei personaggi, discussioni... sono queste le scene in cui il lettore può immedesimarsi, servono da ancora e da ponte di passaggio tra il lettore e le grandi vicende. Come si potrebbe capire il pathos della distruzione dell'Anello se non riuscissimo a sentirci piccoli e soli come Frodo e Sam? E qui è la medesima cosa, Carta conferisce una dimensione "umana" e per certi versi "piccola" ai suoi personaggi, una dimensione che deve esistere per capirli.

La conclusione del romanzo è piuttosto aperta: vengono chiuse alcune porte, ma altre vengono lasciate del tutto spalancate, il che mi fa pensare che si possa presto leggere un altro capitolo di Arma Infero. Personalmente lo spero, perché entrambi i volumi mi sono piaciuti, Fabio Carta ha innumerevoli potenzialità e mi ha dimostrato di poter migliorare di pagina in pagina. Spero di poter leggere quanto prima altri suoi scritti! Nel frattempo voglio dare a I cieli di Muareb quattro cuoricini su cinque, del tutto meritati!

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