lunedì 28 maggio 2018

BOOKISH CHAT | L'enigma della camera chiusa

Buongiorno lettori! Oggi apriamo la giornata con una Bookish Chat dedicata ad un argomento per me molto caro: se mi seguite da un po' sapete quanto io ami i gialli. Ebbene, oggi parliamo dell'enigma della camera chiusa, un particolare sottogenere del giallo che trovo molto stimolante!

Avete presente quel classico schema in cui viene trovato un uomo, vittima di omicidio, chiuso in una stanza sprangata dall'interno? Le circostanze sembrano impossibili, perché come avrebbe fatto l'omicida a uscire per fuggire? Ecco, questo è l'enigma della camera chiusa. Ed è qui che deve intervenire un personaggio carismatico, l'investigatore, che deve mettere in campo tutte le sue capacità per scoprire chi è l'assassino e soprattutto come ha fatto a commettere il suo crimine. Ma quali sono le regole di questa varietà del romanzo giallo?

Prima di tutto, il coinvolgimento del lettore. In un thriller o un poliziesco il lettore rimane certamente coinvolto nella storia, ma non ne fa parte. Nei libri di questo tipo, invece, il lettore viene incoraggiato a partecipare, ad essere un elemento integrante del libro, per tentare di battere l'investigatore sul tempo. Il lettore può indagare per conto proprio, mettendo insieme gli indizi necessari e svolgendo le sue analisi nella propria mente - o, come faccio io, su un foglio. Si tratta di un potente esercizio per il cervello e di un grande stimolo di condivisione. Chiaro, non ci sono frasi come "E lei, lettore, cosa ne pensa?", ma si avverte una costante interrogazione nei confronti di chi sta leggendo. In altri sottogeneri di gialli e polizieschi il lettore si limita a seguire i protagonisti. Qui, invece, il lettore ha le medesime possibilità di chiunque altro di risolvere la situazione, se ha prestato sufficiente attenzione - il che esclude in automatico le storie di Sherlock Holmes, che invece è ineguagliabile.

In secondo luogo, l'investigatore è una persona singolare. Che sia un Poirot o un'Agatha Raisin, o un Kurt Wallander o un Erlendur Sveinsson, si tratta di un personaggio peculiare le cui doti personali gli consentono di arrivare laddove altri non possono. Che sia il suo carattere o la sua mente intuitiva o che siano le sue conoscenze o la sua sfacciataggine, possiede una caratteristica speciale gli permette di arrivare dove i colleghi o gli amici non riescono a giungere.


La stanza chiusa e inaccessibile è il terzo elemento. Possiamo intenderlo in senso letterale, ossia una vera stanza chiusa dall'interno, o traslato, come nel caso di Stieg Larsson per il quale la camera chiusa è in realtà un'isola o di Agatha Christie con il suo scompartimento sull'Orient Express, o ancora in Il nome della rosa è il monastero a rappresentarla. Da un punto di vista cinematografico, possiamo citare l'esempio di Whiteout - Incubo bianco, film del 2009 nel quale la camera chiusa è rappresentata da una base di ricercatori in Antartide, circondata da un vero e proprio deserto di ghiaccio. In ogni caso, però, occorre che le condizioni in cui l'omicidio è stato commesso siano impossibili (o quasi) da riprodurre perché un romanzo possa far parte di questa categoria.


Antesignano di questo genere è I delitti della Rue Morgue, racconto di Poe del 1841, nel quale due donne vengono trovate brutalmente assassinate in un appartamento al quarto piano di Parigi. Qui l'acume del brillante investigatore Auguste Dupin riesce a sbrogliare la matassa e a capire come sia potuto accadere e come abbia fatto l'omicida a dileguarsi. C'è perfino la scena finale, madre di tutte le conclusioni di libri gialli d'antan, quella in cui il protagonista spiega in modo teatrale chi, come e perché. Un momento tanto caro al ben più noto Hercule Poirot. Il primo romanzo, invece, che applica questa strategia narrativa è Il grande mistero di Bow, di Israel Zangwill del 1891, nel quale un uomo viene assassinato e viene trovato dalla sua affittacamere in una stanza... beh, chiusa. Un passo in più viene fatto qui rispetto al racconto di Poe, ossia il coinvolgimento del lettore: pubblicato per la prima volta a puntate su una rivista, Il grande mistero di Bow è accompagnato dall'invito ai lettori a spedire al giornale le loro elucubrazioni sul caso via posta.

Si tratta di una categoria che ingloba infiniti titoli. Nel 1992 Robert Adey ne ha conteggiati più di 2000, ma nel frattempo, a distanza di quasi 30 anni, la quantità è forse raddoppiata. Alcuni di questi titoli sono talmente brillanti, per la complessità dell'intreccio e la capacità di coinvolgimento, da essere diventati dei veri e propri cult del genere (abbiamo già parlato di Agatha Christie e vorrei citarvi anche Il delitto di Mont Saint Michel di Claudio Ferro).

Quali titoli amate di più che appartengono a questo sottogenere? Scrivetemeli in un commento o in una email, sono sempre alla ricerca di nuovi misteri da risolvere!

1 commento:

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