Buongiorno lettori! Anche questo mese siamo arrivati al momento del Domino Letterario. Questa volta ho scelto di portare la recensione di Le sorelle fatali di Eleanor Brown, un volumetto molto piacevole che avevo già avuto modo di leggere anni fa e che ho riletto molto volentieri in questa occasione. Vediamo i dati principali prima di passare alla recensione:
Le sorelle fatali
di Eleanor Brown
Ed: Neri Pozza/Beat - 366 pagine
Cordelia, la più piccola delle sorelle Andreas, riceve un giorno per
posta le seguenti righe: Andiamo, su, a pregare gli dei per nostra madre
che è presa dalle doglie. La lettera reca la firma di James Andreas,
genitore di Cordelia e di Rosalinda e Bianca, docente di letteratura
inglese al Barnwell College con un chiodo fisso in testa: William
Shakespeare. Avvolta dalle tempeste di sabbia dei versi shakespeariani
sin da piccola, con un padre bizzarro, dotto e ossessivo che comunica
quasi soltanto attraverso la lingua del genio di Stratford-upon-Avon,
Cordelia comprende all'istante il contenuto di quelle righe: la madre è
così gravemente malata che occorre subito tornare a Barnwell, la ridente
cittadina del Midwest americano dove le tre sorelle hanno vissuto i
giorni felici dell'infanzia e dell'adolescenza. Questo è, almeno, quello
che Rose, Bean e Cordy, in momenti diversi, decideranno ciascuna per
sé: tornare a casa per poi ripartire verso un'altra grande avventura
della loro giovane vita. In realtà, a spingerle a fare immediato ritorno
a Barnwell è il loro fallimento, la necessità di allontanarsi da
un'esistenza sull'orlo del naufragio. Ritornate a Barnwell, le tre
sorelle si ritrovano a fare i conti con il loro passato e la loro storia
presente. La lunga estate al capezzale della madre le pone, infatti,
irrimediabilmente davanti al destino comune che le lega, come le sorelle
fatali, le tre streghe del Macbeth, l'opera che ha accompagnato la loro
meravigliosa e incomparabile infanzia.
Molto bello!
Se avevo amato molto il libro la prima volta, questa seconda lettura me lo ha fatto adorare. La trama di per sé non è complessa, né si tratta di qualcosa di nuovo: tre sorelle molto diverse sono costrette dagli eventi a convivere sotto lo stesso tetto e i loro rispettivi trascorsi le investono come un treno. Questo è il punto di partenza per articolare un romanzo di media lunghezza in cui il centro di tutto è costituito dal rapporto tra le sorelle.
Come al solito le mie recensioni vanno per punti e stavolta voglio cominciare con i personaggi, che di solito lascio per ultimi, perché sono la presenza fondamentale di tutto l'arco narrativo. Non sono solo le tre sorelle, intorno a loro vivono e si muovono il padre e la madre, il pastore locale, i fidanzati e gli ex. Ogni personaggio non ha una descrizione propria, nel senso che non si aprono paragrafi in cui si dice "Tizio era bello biondo e di gentile aspetto", ma arrivati al termine della lettura si arriva ad avere un quadro molto preciso di ognuno di loro e, cosa fondamentale, si arriva a comprendere ogni loro scelta, anche quelle meno chiare sul momento. In questo modo diventa possibile per il lettore capire le loro ragioni e giustificarne le azioni, anche quelle meno condivisibili. Purtroppo non posso fare spoiler, altrimenti potrei fare degli esempi pratici, ma voglio sbilanciarmi un pochino: la sorella di mezzo commette un piccolo crimine (lo si scopre tipo a pagina 2 quindi non gridate al linciaggio) e se sul momento c'è da chiedersi cosa cavolo le sia venuto in mente, a fine romanzo la sua personalità è così chiara, il suo passato e la sua educazione si intrecciano con il suo carattere in modo così magistrale che diventa facilissimo capirla. Ogni personaggio si dispiega davanti al lettore in modo lento, con piccole caratteristiche sparse qua e là, in un modo che una descrizione di dieci pagine non potrebbe mai fare.
L'ambientazione è piacevole e, per me che sono un'amanta della Gran Bretagna e una furibonda critica degli States, una sorpresa. Siamo in una cittadina di provincia del Midwest americano, qualcosa alla Gone Girl che di solito evito di leggere e che in certi casi mi cattura come nient'altro. Questo è uno di quei casi, la cittadina di Barnwell diventa una comunità piccola, raccolta e amichevole, accogliente e non si può non provare almeno un po' di desiderio di andarci in vacanza.
Lo stile è perfetto: un po' questo si ricollega a quanto ho detto per i personaggi. La peculiarità della Brown risiede nella sua capacità di fornire le informazioni piano piano, un aggettivo alla volta, fino a renderci partecipi delle azioni, dei luoghi, delle frasi e dei pensieri. Al contempo riesce ad essere molto incalzante e, se è inevitabile affezionarsi a un personaggio piuttosto che a un altro, nel lettore si sviluppa un desiderio di proseguire per scoprire cosa succederà ai diversi personaggi.
Una nota un po' storta è questa abitudine del padre delle sorelle Andreas di parlare attraverso citazioni di Shakespeare. Allora, io amo Shakespeare e il teatro elisabettiano in generale, ma nessuno è davvero così. Non esistono persone fatte così, anche i più grandi esperti di questo autore vedrebbero la totale improbabilità di questo personaggio. Se ricordate, tempo fa vi avevo parlato del patto con il lettore: in base a quel patto, devo chiaramente accettare che ci sia un matto simile e non me ne lamento. Una volta chiuso il libro però diventa inevitabile esprimere un giudizio e secondo me, in un romanzo che si propone come possibile, come traducibile nel mondo reale, non è molto sensato (non stiamo parlando di Harry Potter, per dire, in cui l'elemento magico rende per forza la storia irripetibile nella realtà - purtroppo - e in cui la stessa caratteristica risulterebbe una scelta vicnente).
In conclusione, quattro punti su cinque. Un ottimo romanzo, di veloce lettura ed estremamente piacevole per approfondire la tematica del rapporto familiare.